ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARACADUTISTI D'ITALIA

Sezione di Brescia

La battaglia di

El Alamein

Gli inglesi sperimentarono ad El Alamein una versione particolare anticarro del caccia Hurricane, dotato di due cannoni da 40 mm. Tale apparecchio fu soprannominato scherzosamente “apriscatole”, per la sua efficacia nel distruggere i carri armati italiani e tedeschi.

La terza e definitiva battaglia (23 ottobre - 4 novembre 1942)

A fine settembre erano giunti attraverso il Canale di Suez una serie di convogli navali, che complessivamente raggiungevano l’impressionante cifra di oltre 200mila tonnellate. Le navi sbarcarono sui moli dei porti egiziani carri armati, artiglierie, automezzi, montagne di munizioni e milioni di litri di carburante. Era questo l’effetto della legge “Affitti e prestiti”, varata nel corso del 1942 dal Parlamento degli Stati Uniti, su proposta del presidente Franklin Delano Roosvelt, per appoggiare gli alleati inglesi e sovietici nella lotta contro le potenze dell’Asse. Gli Usa erano entrati in guerra dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941. Ai primi del 1942, la Germania nazista e l’Italia fascista avevano dichiarato guerra all’«arsenale delle democrazie», come Roosvelt amava definire il proprio Paese.

Nel deserto egiziano, proseguiva intanto l'addestramento degli equipaggi con i 300 carri armati Sherman forniti dagli americani e con i 100 semoventi da 105 millimetri, sempre forniti dagli Stati Uniti. Erano giunti sul fronte egiziano anche i veivoli della US Air Force e avrebbe partecipato con un buon numero di missioni alla prossima offensiva inglese.

La partenza di Rommel aggravò la situazione dello schieramento dell’Asse e il nuovo comandante Stumme non volle o non seppe farsi valere con gli Alti Comandi di Berlino e di Roma. Fatto sta che le truppe italo-tedesche alla vigilia dello scontro finale erano mal ridotte e Stumme non reclamò a viva forza i rinforzi necessari, com’era logico che facesse un comandante avveduto.

A ciò bisogna aggiungere l’irrigidimento della strenua resistenza sovietica nel fronte del Don. Per questo l'Alto Comando tedesco decise di non privarsi di reparti corazzati da inviare in Africa. Durante la licenza in Germania, furono mostrati a Rommel i nuovi carri pesanti Tiger (dotati di un micidiale cannone da 88 mm, ma molto lenti e vulnerabili a causa della spessa e pesante corazzatura), i lanciarazzi multipli Nebelwerfer e altri nuovi mezzi da battaglia, facendogli credere in un potenziamento dell’Afrika Korps, che da due anni combatteva in Africa settentrionale. Tuttavia, pochi carri Tiger fecero la loro comparsa nel teatro di guerra africano e soltanto nella fase finale della lotta per la Tunisia, quando ormai era troppo tardi per rovesciare le sorti del conflitto nel settore mediterraneo.

Questo era lo schieramento dell'ACIT (Armata Corazzata Italo-Tedesca) e dell'Ottava Armata britannica, la sera del 23 ottobre. Alle 20,45 infatti scattò l’operazione Lightfoot (piede leggero) che segnerà la fine dell’Asse in Africa settentrionale.

L'ACIT, nel settore settentrionale, in prima linea, schierava il XXI Corpo d'Armata, composto dal 7° reggimento bersaglieri e dalle divisioni di fanteria Trento e Bologna. In considerazione dell'insufficiente armamento italiano, Rommel aveva disposto sul terreno reparti misti alternati, italiani e tedeschi, organizzati in gruppi o "zone" (in tedesco raum). Nei capisaldi, a nord, si alternavano infatti i battaglioni italiani, quelli tedeschi della 164a Divisione tedesca e due battaglioni della Brigata paracadutisti "Ramcke", tutti trincerati al riparto dei "giardini del diavolo", ampi rettangoli di terreno imbottiti di mine e trappole esplosive. Questa trappola infernale era stata preparata dai guastatori del colonnello Paolo Caccia Dominioni, uno dei più valorosi e geniali combattenti italiani ad El Alamein.

In seconda schiera, sempre nel settore settentrionale, erano disposte la 15a Panzer e la Divisione corazzata "Littorio". Il settore meridionale era invece presidiato dal X Corpo d'Armata italiano, con il 9° reggimento bersaglieri, le divisioni di fanteria Brescia e Pavia, la divisione paracadutisti Folgore e altri due battaglioni paracadutisti della brigata Ramcke. Alle spalle di queste unità, c'erano la 21a Panzer e la divisione corazzata Ariete, pronte a intervenire per difendere lo schieramento da un eventuale assalto di carri armati inglesi. Come riserve, nel terreno retrostante a nord del fronte, c’erano la 90a divisione leggera tedesca e la divisione motorizzata Trieste. In aggiunta a queste ultime, erano presenti anche alcune unità minori (gruppi tattici e reparti esploranti).

L'Ottava Armata inglese aveva invece, nel settore settentrionale, in prima linea, il XXX corpo d'Armata, con la 9a divisione australiana, la 51a divisione Highlanders, la 2a divisione neozelandese, la 1a divisione sudafricana e la 4a divisione indiana. A sud, era schierato il XIII Corpo d'Armata, con la 50a divisione britannica (più un gruppo di brigata greco e il II gruppo di brigata della "Francia Libera"), la 44a divisione britannica e, a sinistra di quest'ultima, il I gruppo di brigata della "Francia Libera", dipendente dalla 7a Divisione corazzata. In seconda schiera, alle spalle del XXX corpo, c'era il X corpo d'armata, con le divisioni corazzate 1a e 10a, mentre alle spalle del XIII corpo era disposto il grosso della 7a divisione corazzata. Alle dirette dipendenze del comando d'armata c'erano, inoltre, una brigata indiana dotata di attrezzature per l’apertura di varchi tra i campi minati, una brigata corazzata, due brigate di artiglieria contraerea e una brigata di fanteria indiana.

A El Alamein, quindi, la sera del 23 settembre si trovavano contrapposte 12 Divisioni italo-tedesche, 4 delle quali corazzate, e 10 Divisioni inglesi e del Commonwealth, di cui 3 corazzate. Le tre Divisioni corazzate inglesi ed i reparti autonomi di carri allineavano: 285 Sherman, 246 Grant, 421 Crusader, 167 Stuarf, 223 Valentine IV e 6 Matilda II. Inoltre c’erano anche 3 carri da fanteria Churchill, i primi esemplari inviati in Africa.

Su 497 carri dell'Asse, 239 erano carri medi e 20 carri leggeri italiani, assolutamente inidonei a reggere il confronto con i carri Sherman e Grant di costruzione americana e nemmeno da contrapporre ai Crusader, tutti armati di cannoni con un calibro da 50 mm a tiro rapido. Inefficaci risultavano anche i 30 carri leggeri Panzer II tedeschi, dotati di un armamento nettamente inferiore, mentre dei 170 Panzer III, avevano un qualche peso quelli armati con cannone da 50 "lungo" (50/60 mm). Sul piano statistico, gli unici carri validi erano i 38 Panzer IV tedeschi ultimo modello, alcuni dei quali armati con il 75 "lungo" (75/43). Erano validi anche i pochi semoventi italiani da 75/18, assegnati all'Ariete e alla Littorio, gli unici che potevano perforare al primo colpo le corazze degli Sherman e dei Crusader.

Ai numerosi controcarro inglesi da 57 mm gli italiani contrapponevano gli oramai superati 47/32 ed i tedeschi gli altrettanto inefficaci (contro i carri americani) 50/35. L’unico elemento dell’artiglieria dell’Asse veramente ottimo era il pezzo da 88/55 tedesco: era impiegato sia come contraerea che come anticarro e riusciva perfettamente in entrambi gli scopi. Eccellente anche il pezzo italiano da 90/53, però presente in poche unità. Schiacciante la superiorità quantitativa e qualitativa dell'artiglieria campale inglese, tanto più che il parco di artiglieria italiano era ancora basato su vecchi cannoni, alcuni risalenti anche alla Prima guerra mondiale, e che i complessi moderni erano pochissimi.

La superiorità della RAF era devastante, con i suoi 1.200 aerei (800 di prima linea) contrastati da 700 aerei italiani e tedeschi (150 caccia, 180 bombardieri a tutto e caccia-bombardieri e 400 velivoli di altro tipo).

Alle 20.45 (ora italiana) del 23 ottobre 1942, circa mille pezzi da campagna inglesi aprirono contemporaneamente il fuoco contro le posizioni italo-tedesche ad El Alamein. Un vero e proprio “ombrello” di fuoco, classico della strategia di Montgomery per sorprendere l’avversario. Lo ripeterà in diverse altre occasioni, anche in quell’inutile enorme spreco di proiettili contro la costa calabra nel settembre 1943 effettuato prima dello sbarco. Infatti i tedeschi avevano già ripiegato da giorni verso il nord della Calabria.

La sorte regalò a Montgomery un’altra possibilità, in quanto Stumme, nelle prime ore del 24 ottobre, recatosi in prima linea per rendersi conto della situazione, finì sotto il fuoco nemico e morì per colpo apoplettico, cadendo dalla sua autovettura, alla quale era rimasto aggrappato per uscire rapidamente dalla zona pericolosa. Dunque, con Rommel assente all'inizio dell'offensiva, con la morte di Stumme e la schiacciante superiorità dell'Ottava Armata e della RAF si poteva pensare ad una immediata rottura della prima linea italo-tedesca. Ma non accadde nulla di simile.

A questo punto, occorre fare un passo indietro con la “moviola” della storia. Nel pomeriggio del 24 ottobre, Rommel, ancora in convalescenza in Austria, era stato raggiunto da una telefonata di un suo aiutante, con la quale gli veniva comunicato l'inizio dell'offensiva inglese. Il maresciallo non esitò un attimo a salire su un aereo, messogli a disposizione. L’indomani era a Roma, ragguagliato sulla situazione del Generale von Rintelen. Rommel rimase esterrefatto quando apprese che l'Armata disponeva di pochissimo carburante e che non aveva ricevuto durante la sua assenza di circa un mese alcun significativo rinforzo. Da Roma, Rommel raggiunse Creta e di lì il fronte. Alle 23.25 del 25 ottobre, tutti i reparti impegnati a El Alamein ricevettero il seguente messaggio: «Ho ripreso il comando della Panzerarmee – Rommel».

L'operazione Lightfoot studiata dallo Stato Maggiore di Montgomery prevedeva, nel settore settentrionale, che quattro Divisioni del XXX Corpo e le due Divisioni corazzate del X Corpo, sovrapposte alle prime, superati i campi minati, dilagassero celermente in campo aperto. Due corridoi dovevano essere aperti dalla fanteria, in direzione dei rilievi di Kidney Ridge e di Miteiriya, per consentire l’azione delle unità corazzate.

Nel settore meridionale, intanto, il XIII Corpo avrebbe impegnato le divisioni avversarie con un attacco diversivo, per ingannare gli italo-tedeschi sulla direttrice principale dell'offensiva. A sud, c'erano le divisioni italiane Brescia, Pavia e Folgore e un loro eventuale cedimento avrebbe consentito l'aggiramento della intera linea, appunto da sud. Come sempre c’era la convinzione nel campo inglese, di battere con relativa facilità i soldati italiani.

 

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