ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARACADUTISTI D'ITALIA
Sezione di Brescia
La battaglia di
El Alamein
La rimozione di Auchinleck fu ingiusta, perché era stato lui a salvare l'Egitto. L'avvicendamento avvenne, ufficialmente, il 15 agosto 1942, quando Auchinleck aveva non soltanto stabilizzato il fronte a El Alamein, ma definito i piani per fermare l'ultima offensiva approntata da Rommel.
Ma nel campo dell’Asse doveva accadere un colpo di scena ancora più clamoroso e decisivo per le sorti dello scontro. Il 22 agosto, infatti, Rommel chiese improvvisamente di essere sostituito per motivi di salute. La Volpe del Deserto era stanca, soffriva di difterite nasale, lamentava disturbi gastroenterici e aveva il volto piagato dal tremendo sole dell’Africa settentrionale.
La scelta per il sostituto cadde sul maresciallo Kesselring. Forse fu proprio questa scelta decisa da Berlino che indusse Rommel ad abbandonare i suoi propositi di lasciare il comando ed a spingerlo ad affrettare l'offensiva. Tra il comandante dell’Afrika Korps e il maresciallo non correva buon sangue, per via di vecchi rancori fra i due. Il 28 agosto la Volpe del deserto diramò l'ordine d'operazione, fissando come data d'inizio dell’offensiva il 30 agosto.
Alla vigilia della seconda battaglia di El Alamein, i due schieramenti erano così composti.
LE FORZE DELL’ASSE
67 battaglioni di fanteria (30 italiani), 536 cannoni (336 italiani), 515 carri armati (281 italiani) 119 autoblindo (72 italiane) e 777 aerei fra bombardieri, caccia e ricognitori.
LE FORZE INGLESI
66 battaglioni di fanteria (a organici completi, mentre non lo erano quelli italo-tedeschi), 576 cannoni, 450 carri armati, 150 autoblindo e 1.200 aerei di tutti i tipi.
L'ultima offensiva dell'Armata italo-tedesca ebbe inizio, come previsto, la sera del 30 agosto, con attacchi diversivi nel settore centro-settentrionale. Ai combattimenti presero parte la Divisione Italiana "Trento", la 164 a Divisione tedesca, reparti di paracadutisti della Divisione "Folgore" e della Brigata "Ramcke". Ma il grosso delle forze dell’Asse puntò ancora una volta nel settore meridionale. Nella zona confinante con la depressione di Quattara si lanciarono all’attacco l’Afrika Korps, il XX Corpo Motorizzato italiano, con le Divisioni corazzate "Ariete" e "Littorio" e la Divisione motorizzata "Trieste", che operavano sulla sinistra della 15 a e 21 a Panzer. Le Divisioni italiane, al pari di quelle germaniche, rimasero subito invischiate nei campi minati, minuziosamente preparati dagli inglesi con maggiore profondità del previsto, mentre la Raf eseguiva attacchi notturni micidiali e il fuoco di reazione delle artiglierie, delle armi automatiche e dei mortai era diretto con grande maestria dagli inglesi, che bloccarono l’offensiva italo-tedesca.
Alla fine di agosto del 1942, l'Afrika Korps era stato posto sotto il comando del generale Wlather Nehring. Il 31 agosto Nehring rimase seriamente ferito sul campo e il comando venne assunto dal generale von Vaerst: tuttavia, fu il generale Bayerlein ad avere nelle mani la direzione tattica delle operazioni. Questo ordinamento molto complesso e burocratico, creò non poche complicazioni per le operazioni delle truppe dell’Asse, impegnate nella cosidetta "corsa dei sei giorni". In questo arco temporale si giocò l'ultimo tentativo dell'Asse di sfondare in direzione di Alessandria e del Delta del Nilo. Occorre ricordare però due aspetti molto importanti. Il primo consiteva nel fatto che i tedeschi non sospettavano minimamente che il loro codice segreto di telecomunicazione era stato decrittato dai servizi segreti inglesi sin dal primo anno di guerra, tramite “Ultra”, la macchina creata appositamente per spiare i messaggi tra le unità e i comandi nazisti. Gli inglesi quindi erano a conoscenza dei movimenti delle truppe ad El Alamein. In pratica, i tedeschi si trovavano nella situazione del giocatore di poker, cui è stato posto uno specchio alle sue spalle: l’avversario, cioè il generale Montgomery, riusciva a vedere tutte le carte.
Inoltre alla fine di agosto era avvenuto un importante preliminare scambio di comunicazioni tra il capo di stato maggiore italiano Cavallero, Kesselring e Rommel, per quanto concerneva l'alimentazione dell'imminente battaglia. Per la riuscita dell’offensiva, Rommel aveva chiesta 6.000 tonnellate di carburante. Cavallero aveva allora comunicato alla Volpe del deserto: «Lei può cominciare la battaglia, il carburante è in viaggio». Ma gran parte del carburante finirà in mare, a causa del solito attacco degli aerei inglesi levatisi in volo da Malta che bombardarono e silurarono le petroliere italiane salpate dal porto di Napoli.
Il 30 agosto, quando fu buio, i reparti corazzati tedeschi investirono il settore meridionale del fronte, con l'obiettivo di superare di slancio la fascia minata, aggirare l'intero schieramento inglese e piombare sulla costa all'altezza di El Hamman, aggirando il grosso dell'Ottava Armata. La 15 a divisione panzer entrava in battaglia con 70 carri tipo Panzer III e IV e la 21^ panzer attaccava con altri 120 carri armati. Il numero dei Panzer a disposizione di Rommel era nettamente inferiore a quello col quale aveva combattuto la precedente battaglia di Ain el Gazala e di Tobruk. Ciò costituiva un primo grave handicap per l’offensiva dell’Asse.
Prima di mezzanotte, lo schieramento più avanzato della 15 a Panzer urtò contro la difesa britannica della cintura minata, contando di attaccare il punto più debole dello schieramento avversario. Invece i tedeschi trovavarono profondi campi minati e una difesa molto agguerrita. Il I battaglione del 115° reggimento granatieri corazzato, comandato dal Maggiore Busch, capitò in uno sbarramento di artiglieria e fanteria britannica, e si trovò in notevole difficoltà. Il successivo arrivo del II battaglione, guidato dal Capitano Weichsel, riuscì tuttavia a salvare la situazione: attaccò a piedi, superò lo sbarramento minato, costituì una testa di ponte e rese possibile la creazione di un passaggio per i carri della 15 a Panzer.
Il generale Nehring, comandante dell'Afrika Korps, seguì l’attacco della 21a Panzer a bordo della sua autoblindo, mentre i proiettili dell’artiglieri a inglese scoppiano tutt'intorno. Nehring riceve la prima triste notizia: il comandante della 21a, generale Georg von Bismarck, un valente ufficiale mentre tentava di attraversare la fascia minata fu ferito a morte dal fuoco nemico. Passata la mezzanotte del 31 agosto, le divisioni dell’Asse continuavano a combattere nei vasti campi minati. Dall'alto, le bombe e le armi di bordo degli aerei britannici martellavano le forze motorizzate italiane e tedesche. Gli inglesi usavano un nuovo metodo per illuminare il terreno, lanciando un materiale infiammabile contenente anche magnesio che si incendia soltanto quanto è a terra e che è difficile spegnere. Il campo di battaglia è conseguentemente illuminato a giorno. Ciò consentiva un grande vantaggio per i difensori, che riuscivano a dirigere efficacemente il tiro delle artiglierie verso le posizioni nemiche e a inviare con sicurezza gli aerei sugli obiettivi.
Dopo von Bismarck, la struttura di comando dell'Afrika Korps perse anche Nehring, che rimane ferito nel corso di un bombardamento aereo. E’ Bayerlein che quindi prende il comando delle operazioni. Poco prima dell'alba, la resistenza dei britannici nella fascia minata si affievoliva. In tal modo, le punte corazzate dell’Afrika Korps raggiungevano, nelle prime ore di luce del 31 agosto, un settore posto a 12-15 chilometri dalle posizioni di partenza, invece dei 50 chilometri previsti.
Il piano di Rommel, che era quello di penetrare profondamente verso est e di "ruotare" all'alba verso la costa, era praticamente fallito. «Riflettemmo se interrompere la battaglia - narra nelle sue memorie Bayerlein - perché gli inglesi sapevano ormai dove eravamo. Rommel parlò con me della situazione e giungemmo alla decisione di continuare l'attacco. Ma una cosa era evidente: la "grande soluzione", ossia il vasto aggiramento dell'Ottava Armata, non era più possibile, in quanto l'avversario aveva avuto il tempo sufficiente per preparare le sue contrazioni. L'avversario ci costringeva dunque alla "piccola soluzione": essa consisteva nel fatto che noi dovevamo girare verso nord assai prima di quanto progettato e, in tal modo, urtare direttamente contro il dorso dell'altura di Alam Halfa, con l'importante quota 132, che doveva essere conquistata mediante un attacco diretto».
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